Hatchet

By Simone Corà | lunedì 11 gennaio 2010 | 00:20

2006, USA, colore, 80 minuti
Regia: Adam Green
Sceneggiatura: Adam Green

Ben, dopo essere stato lasciato dalla fidanzata, viene convinto da alcuni amici a spassarsela per qualche giorno, pensando solo a divertirsi e a ubriacarsi. Ma la delusione per l’amore perduto lo spinge a eclissarsi e a preferire una gita in barca organizzata in una delle rive più misteriose della palude lì vicino.
Nessuno sa che in quel luogo vive un terrificante ragazzo deforme, creduto morto dopo un incendio e un incidentale colpo d’accetta in pieno volto, ma in realtà ancora vivo e pericoloso.

Dici slasher e dici ragazzi stupidi, feste, tette, alcol, e poi assassini misteriosi, molto sangue e, a condire il tutto, spesso noia estenuante. Ma se ci si fermasse a leggere il plot di Hatchet e, convinti di certi schemi narrativi ripetuti ignobilmente fino allo sfinimento, non si concedesse una visione all’opera del talentuoso Adam Green, si commetterebbe un tremendo errore, di cui pentirsi a lungo.

Perché non è lo spunto, un insieme di cliché generici e abusati, a fare di Hatchet un gioiellino sanguinario che ogni horror maniac dovrebbe venerare, ma il modo in cui, attraverso una simpatica caratterizzazione di ogni protagonista e un indovinato alone divertito che avvolge l’intera pellicola, Green dona freschezza e vigore a un film che, di fatto, sulla carta non avrebbe nulla da offrire.

Bastano pochi istanti per rendersi conto che, nonostante le tonnellate di tette esibite nei primi minuti, i personaggi di Hatchet non hanno nulla da spartire con i classici, odiosi teen ubriachi di birra e sesso: dialoghi frizzanti e ben scritti delineano presto figure carismatiche e altre che sanno prendersi gioco degli stereotipi più banali (le due troiette senza cervello), in una miscela vincente che catapulta fin dall’inizio nelle vicende raccontate.

E qui Green è riuscito in una grande impresa: non era facile puntare sull’affetto con cui ci si sente sin da subito legati ai protagonisti e, cosa ben più sorprendente, non era facile provocare sincero dispiacere ogni qualvolta uno di loro viene ucciso dal terrificante colosso deforme.
Se negli slasher di ultima generazione si prega affinché l’assassino di turno uccida quegli spaccaballe dei protagonisti, spargendo fiumi di sangue e piogge di interiora, in Hatchet, nonostante la prevedibile progressione omicida, si prega affinché non succeda, non ora, non proprio a lui/lei.

Ma se di uccisioni si deve parlare, Hatchet fa gran sfoggio di splatter insistente e abbondante, magari non sempre gustoso e convincente (certe inquadrature fuori campo con secchiate di plasma che colorano lo sfondo), ma nel complesso piuttosto variopinto e originale (tra teste mozzate, mandibole strappate e mutilazioni di ogni genere, abbiamo ogni genere di efferatezza anatomica).

A questo proposito, felice la scelta di un mostro che pare volutamente un incrocio tra i mutanti radioattivi de Le colline hanno gli occhi e Leatherface, dotato di una forza sovrumana come Jason insegna, che sembra immortale come Michael Myers, e che, e qui sta il suo punto di forza, prendendosi gioco dei soliti cliché, riesce addirittura a spaventare in un paio di occasioni, nelle tanto famigerate e improvvise entrate in scena tipiche del genere, spuntando dal nulla in barba a leggi geografiche e fisiche (l’esempio più lampante: i ragazzi, fuggendo dalla palude, si ritrovano in una grande radura, e il mostro, di colpo, spunta assurdamente in mezzo a loro, anche se per farlo avrebbe dovuto correre sino a lì facendosi ovviamente sentire).

Splendida infine la conclusione, con un paio di twist ben assestati, come splendida è l’impressione finale che si ha di una pellicola tanto semplice e derivativa quanto efficace e ben realizzata.

6 commenti:

  1. Segaccia di un Simone hai hotlinkato l'immagine, ti conviene salvare e metterla da blogger, hotlinkare è bvutto e cattivo...

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  2. Eh, lo so che poi tutti ti guardano male e ti puntano il dito, però caricare l'immagine, salvarla e metterla su blogspot mi porta via troppo tempo.

    Un giorno, quando sarò grande e avrò l'adsl, non farò più queste brutte cose...

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  3. "non era facile puntare sull’affetto con cui ci si sente sin da subito legati ai protagonisti e, cosa ben più sorprendente, non era facile provocare sincero dispiacere ogni qualvolta uno di loro viene ucciso dal terrificante colosso deforme."

    ... ma, non è che, per caso, ci vuoi dire che hai pianto?

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  4. No, stavolta no, lo giuro, signor giudice! :P

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  5. Il pregiudizio mi aveva fregato, coltivato da brevi descrizione della trama. Dopo le menne al fuoco dell'ultimo Jason non ne potevo davvero più... Recupero.

    P.S. Poi Malarazza l'ho preso, letto, digerito e "recensito" sul mio blog(non mi piace questo termine). Ovviamente è stato compreso un ringraziamento/link, che par paraculata ma non è, io l'avevo perso... :D

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  6. Recupera, recupera, ché c'è solo da divertirsi con Hatchet.

    PS: ho visto e letto la rece, e grazie del link! :-p

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