Home » , , , » The Monster (2016)

The Monster (2016)

By Simone Corà | venerdì 2 dicembre 2016 | 00:01

Metti un viaggio in auto di notte e una lunga strada che passa in mezzo al bosco                                                       

Tutti davano per spacciato Bryan Bertino, una profezia cattiva ma tutto sommato lecita, guadagnata con un Mockingbird che rovinava le grandi attese dopo la botta di tensione di The Strangers. A ritrovarlo a qualche anno di distanza con un vero e proprio horror, per di più sui mostri, veniva difficile farsi convincere, complice anche un titolo e un’idea di fondo che non ispiravano poi questa gran curiosità, e invece, con uno Shyamalan-twist abbastanza imprevedibile, Bertino caccia fuori un grumo di nervosismo e tensione che non solo forgia una creatura d’altri tempi che sarà bello prendere d’esempio in futuro, ma brilla anche su quel piano psicologico che poteva essere pestilenziale e condannare tutti i buoni propositi.

La trama di The Monster si può riassumere in due righe: la famiglia di Kathy è disastrata, lei è una trentenne profondamente alcolizzata e distruttiva, e sua figlia, che ha la metà dei suoi anni, la odia a morte. In viaggio per affidare la ragazza al padre, si ritrovano nel terreno di caccia di una bestia affamata di carne.  
Semplice, snella, è una storia essenziale che si basa su due enormi punti di forza. Da una parte il tratto più succulento per gli appassionati, un mostro concreto, spietato, costruito senza l’ausilio di computer grafica ma solo con la cara, vecchia manodopera di trucco e protesi. Dall’altra il potentissimo (non) legame tra Kathy e Lizzy, un rapporto micidiale fabbricato sul dolore e sul disprezzo, sintesi di una famiglia distrutta e senza futuro, con una figlia che deve occuparsi di una madre ridotta a brandelli.
Ma se la creatura era potenzialmente affidabile già in partenza, e durante lo sviluppo del film conferma la sua qualità di predatore brutale e astuto, è proprio sui continui battibecchi di madre e figlia, e soprattutto su una manciata di flashback feroci, che Bertino congegna un film davvero inaspettato.

I dialoghi sono un lungo e ispirato litigio, le reazioni delle due sempre precise e verosimili, non c’è un solo istante in cui la loro situazione frantumata sfugga di mano e si trasformi in semplice esagerazione alcolica o superficialità sociale. Quello che resta della loro famiglia è un rapporto vero, e gli squarci sul passato sono così selvaggi e aspri da saldare ancora di più questo legame fragilissimo, che diventa chiaramente punto di partenza per la seconda metà del film.
Chiarito infatti come la componente psicologica sia splendidamente gestita, da un punto di vista soprannaturale Bertino si trova forse più a suo agio soltanto in una prima metà: tra il viaggio in auto, la pioggia torrenziale e i primi attacchi della bestia la tensione stimolata è sincera e lascia parecchio tormentati, perché ogni aspetto viene curato con insperata precisione (il danno all’auto, le chiavi, l’intervento del carro attrezzi e tutto quello che segue). Il sangue scorre in buone quantità, piovono arti mutilati e si respiro del sano terrore.
Nella seconda invece il regista si dilunga un po’ troppo e viene forse a mancare quell’impatto lento e tirato: gli attacchi del mostro tendono a ripetersi e bisogna aspettare qualche minuto in più prima di recuperare la freschezza del primo atto. Ma un carico psicologico così ben disegnato anche la minor compattezza orrorifica viene presto trascinata in una convulsa fase finale, dove è sempre il rapporto madre-figlia a prevalere e a sbriciolare un mostro forse meno agghiacciante di come lasciava intuire.



È cinema in qualche modo sociale, che ha qualcosa da dire, e lo fa sfruttando l’archetipo per eccellenza, quel mostro sconosciuto che vive nel buio e agisce secondo schemi impossibili, accanendosi proprio su chi ne ha paura invece che dedicarsi a banchetti ben più sostanziosi nelle profondità del bosco da cui spunta. 
E' una metafora che non disturba, è prepotente, violenta e incisiva e non oltrepassa mai quel confine che svaluti la storia o che la snaturi verso altro tipo di cinema. È un Babadook più fisico e concreto, ma limitato, di sicuro meno ambizioso, con un livello molto più basso di gestione di rabbia, paura, depressione e una generale crisi famigliare, ma di certo tra i titoli migliori di quest’anno.

0 commenti:

Posta un commento