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Sensoria (2015)

By Simone Corà | venerdì 19 febbraio 2016 | 00:05

Una ghost story svedese, sì spaventi, no Ikea                                                                         

L’horror in slowmotion da anni non è più prerogativa asiatica, da quando Ti West ha in parte sdoganato certi ritmi rallentati si è sviluppata, o più probabilmente è diventata alla portata di molti più autori, un’idea atmosferica dove la paura e l’inquietudine sono nascoste nei silenzi e nella placidità narrativa.
Sensoria arriva dopo vari esempi di cinema horror più raffinato ed elegante, ed è sicuramente un po’ in ritardo nel presentare certi spunti e soluzioni con i mezzi che utilizza, Christian Hallman non ha ancora il piglio giusto per spiccare nell’ambiente ma è sempre un bel vedere come film di così piccola taglia e di limitata aspirazione abbiano comunque delle carte più che buone da giocare.

Dalla Svezia non ci si può non aspettare un clima freddo e rigido, e scomodità è un altro termine che li accompagna bene perché quello che incontra Caroline quando si trasferisce nel nuovo appartamento è un susseguirsi di situazioni sgradevoli.
Non che il presentarsi insistito della classica anziana ficcanaso o gli scambi imbarazzanti con l’inquilino cieco siano eventi così terribili, a tutti è capitata qualche scocciatura anche involontaria con i vicini, e in fondo anche le occhiate lascive e le indiscrezioni sessuali dell’inquilino al piano di sopra credo ormai siano ahimè entrate in una sorta di circolo di vita di certe zone abitative, sono comportamenti che si impara purtroppo a conoscere e pertanto si sa come evitarli.
Ma la vera difficoltà di Caroline è il ripartire dopo la rottura con il compagno, l’essere sola e affrontare la solitudine, il cominciare una nuova vita quando, credo sulla soglia dei quarant’anni (non è che ci siano molte informazioni disponibili sull’età dei protagonisti e imdb non è d’aiuto), tutto le appare finito e sprecato. 
Ed è qui che si insinua un bell’orrore classico, fatto di oggetti che si spostano, credenze che si aprono, piatti che cadono ed elettrodomestici che si accendono da soli.

Christian Hallman ha di sicuro stoffa e personalità ma sembra che si sia concentrato sul mostrare a tutti i costi quanta tecnica possiede: Sensoria è un susseguirsi instancabile di inquadrature singolari, non c’è una sola scena in tutto il film che sia filmata come un’altra, si passa da un tecnicismo all’altro probabilmente per essere diverso dagli altri, per essere il più caratteristico possibile, a tratti sembra di avere a che fare con una presa autoriale (i continui primi piani su lavandini e tubature gocciolanti) e in altri momenti pare invece di vedere un film made in Hong Kong.
È vero, è uno di quei casi in cui il troppo è eccessivamente abbondante e il rischio di ottenere un riscontro negativo è abbastanza probabile, ma pur in un insieme sproporzionato non sono pochi i momenti dove quei legami all’orrore classico di cui sopra vengono risaltati proprio dall’interessante visione di Hallman.
La carrozzina che si muove nella stanza, il ronzio dello spazzolino elettrico che interrompe il sonno, la macchia sullo specchio che non scompare mai sono sequenze di fantastica semplicità, dove il perturbante esplode con tutta la sua potenza pur non facendo di fatto niente, ed è così elevata questo studio soprannaturale che anche l’assenza di presenze impreviste in certi momenti fa schizzare parecchio in alto la tensione.  


Sensoria vive di questo aspetto ed è quello che alla fine spicca maggiormente, assieme alla marcia lenta e cesellata forma un buon connubio armonico, ma sarebbe cattivo non coltivare altri apprezzamenti per un film che pur sbagliando parecchio strafando ogni volta che può, conserva una bella storia soprannaturale, elementare e prevedibile ma molto, molto ben narrata attraverso un rilascio essenziale delle informazioni, e soprattutto un ottimo personaggio femminile, distrutto da una vita passata che non può dimenticare e annientata da una vita futura che non ha coraggio e voglia di vivere.
Pertanto Caroline sopravvive in un presente insicuro e per di più sbagliato, dove i fantasmi di colpe a lei del tutto estranee la tormentano per risolvere trascorsi maligni e riti occulti, e il suo sforzo per resistere e andare oltre è di quelli importanti, che lasciano un segno. 

È forse un peccato che Sensoria non abbia abbastanza risorse per emergere, salvo la brava protagonista avrebbe avuto bisogno di un miglior cast e volti più adatti, e Hallman deve imparare a limitare un ego registico che rischia di seppellire molte buone intenzioni, ma c’è abbastanza materiale per piacere al fandom più curioso, gli si può dare una possibilità. 

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