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Il mondo dopo la fine del mondo, di Nick Harkaway

By Simone Corà | giovedì 16 dicembre 2010 | 08:00

Collana Strade Blu, Mondadori, 2009
558 pagine, 19 euro
ISBN 9788804594833

In un futuro piuttosto vicino, le Bombe Svuotanti hanno cancellato la realtà così come la conoscevamo, trasformando il pianeta in una landa desertica popolata da mutanti, mostri, creature inclassificabili. Un soldato senza nome e il suo miglior amico Gonzo Lubitsch, membri di un temerario gruppo di sopravvissuti, vengono inviati al di là della zona abitabile, per fermare una minaccia impossibile: qualcuno ha incendiato la pipeline, l’unica certezza del nuovo mondo. Chi è stato? I ribelli dell’Addeh Katir? I mostruosi Mille Ritrovati? O la Jorgmund, l’oscura multinazionale che governa il pianeta?

Potrei spararla grossa, dicendo che Il mondo dopo la fine del mondo, questa bomba con cui esordisce Nick Harkaway, è il miglior libro che abbia mai letto. Potrei fare anche di più, dicendo che Il mondo dopo la fine del mondo è il miglior libro di fantascienza, il miglior libro horror, la miglior fiaba fantasy, la miglior storia d’amore e il miglior libro satirico in cui sia mai imbattuto. E potrei anche dire che, semplicemente, Il mondo dopo la fine del mondo è il più bel libro di tutti i tempi. Ma penso che qualcuno potrebbe dissentire. Il punto, più che altro, è che Il mondo dopo la fine del mondo è davvero qualcosa di nuovo, una storia che, frullando di tutto, ma frullandolo con un’intelligenza che fa inginocchiare e commuovere, e con uno spessore che turba, scuote e coinvolge, inventa questo genere indescrivibile, questa follia unica nella narrativa, un debutto privo di barriere stilistiche e generiche, che distrugge a suon di risate, filosofia, invenzioni e colpi allo stomaco ogni tipo di catalogazione.

Il mondo dopo la fine del mondo è un romanzo difficile, impervio, a tratti inaccessibile e pesante. Lo stile di Nick Harkaway è una coltissima slavina ironica in prima persona al presente, un’incontenibile comicità tipicamente britannica, e se per chi scrive è un piacere lasciarsi lusingare da lunghe parentesi ininfluenti alla storia generale, sbandamenti infiniti che raccontano vita morte e miracoli di personaggi che poi avranno un ruolo effettivo di due cartelle, diavolerie sarcastiche che impiegano pagine e pagine prima di arrivare allo spassoso dunque, è bene avvisare l’incauto lettore su cosa potrebbe trovare. I periodi di Harkaway sono molto articolati, densi di sostantivi, avverbi, giochi di parole e incisi chilometrici, si soffermano con precisione chirurgica anche sulle situazioni più irrilevanti, descrivendo con complessi passaggi metaforici ogni sorta di particolare, ma sono sempre briosi, aggressivi, spietati, buffi.

L’inarrestabile mole di parole schiaccia e stupisce dalla capacità di strutturazione e destrutturazione, spaventa per i blocchi monolitici senza a capo o per i monologhi filosofici lunghi decine di pagine (quanta pazienza e quanto tempo per sorbirsi l’eterna spiegazione della natura delle Bombe Svuotanti, ma che soddisfazione arrivare al termine e, in fondo, sentirsi un poco più intelligenti), ma ammalia per l’estrema cura, le contorsioni linguistiche, la perfezione assoluta nella scelta di ogni singolo termine e, soprattutto, la saggezza con cui Harkaway dibatte su politica, guerra e società con un taglio così potente, veritiero e amaro da farti sentire un cretino, un inetto. Orientarsi in questa ricchezza stilistica potrebbe quindi essere problematico, facile perdersi, non capire dove Harkaway ti stia portando e soprattutto che mezzi stia usando dato il continuo trasformismo del romanzo, ma non c’è appagamento migliore di scoprire il significato, il motivo, la giustificazione dietro a ogni apparentemente incomprensibile tassello del puzzle complessivo.

A tanta sfarzosità equivale infatti un intreccio estremamente tortuoso, una storia che copre un arco lungo l’intera vita dell’io narrante, e risiede anche qui l’inventiva, il talento di Harkaway, perché dopo un primo capitolo ambientato nel mondo attuale, un folle scenario devastato dalla guerra, dove si vive giorno per giorno la paura dei mutanti e delle zone non abitate, fa un enorme passo indietro, partendo addirittura, e con favolosa minuziosità, dall’infanzia del protagonista senza nome. È soprattutto in questa corposa parte che si trovano i momenti migliori, perché tra arti marziali, amicizie che si formano, insegnati odiati fino al midollo e primi amori si ride e si piange per la poesia narrativa, per l’umorismo dolce e raffinato, per l’arguzia nel tratteggiare personaggi tanto assurdi eppure così veri da far venire i brividi (il maestro Wu, ma’ e pa’ Lubitsch, l’Evangelista). Provate a immaginare allora cosa si può provare quando, dopo aver letto la sinossi e il capitolo iniziale, che parlano di mostri tentacolari, apocalissi, ordigni che divorano la realtà e molti altri succulenti stordimenti orrorifici, si viene catturati da 250 cartelle lontanissime anche dal più piccolo elemento soprannaturale, 250 cartelle che inteneriscono, trascinano e innescano anche lacrime dolorose (il toccante combattimento tra il maestro Wu e i ninja, vi giuro, lacrimoni agli occhi, mai successa una cosa così leggendo) con una capacità d’analisi sbalorditiva.

La trama prosegue poi tra ribaltamenti inconcepibili, spiazzanti cambi di registro, stop’n’go massacranti, Harkaway crea un gigantesco mosaico in cui convivono decine e decine di personaggi allucinanti, ognuno di loro talmente ben caratterizzato da sentirsi un po’ tristi nel vederli impiegati, a volte, soltanto poche facciate. Di solito sono lettore rapido e vorace, ma con Il mondo dopo la fine del mondo ho assaporato, ho letto e riletto e assimilato ogni singola frase, mi sono nutrito di queste parole capaci di farti morire dal ridere e sbriciolarti le ginocchia, farti piangere e frustarti. Non posso descrivere meglio cosa significhi tuffarsi in quest’universo sbilenco e assurdo, Il mondo dopo la fine del mondo è un’odissea che graffia, ti penetra nel sangue, diventa parte di te, è qualcosa che non ti molla mai, che ti insegna e meraviglia. È come quella persona che tutti abbiamo avuto nella nostra infanzia, quella figura più grande che porta un cappello pieno di idee, che ti sembra conosca il mondo intero, che abbia sempre il consiglio giusto e sappia cosa fare in ogni momento, è un carisma, un affetto, una devozione a cui non puoi non abbandonarti.

Impossibile quindi non concludere con la scritta che lampeggia in copertina, un tris di aggettivi che incornicia sapientemente questo capolavoro: esilarante, scandaloso e profondissimo.

10 commenti:

  1. Io sono all'opposizione! ;-)
    http://imperetrix.blogspot.com/2010/01/nick-harkaway-il-mondo-dopo-la-fine-del.html

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  2. Ah ah ah, è inevitabile, penso sia uno di quei romanzi che spacca, o lo si adora o fa schifo, difficile stare nel mezzo. :)

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  3. Cioè non ce l'ho fatta a leggere tutto
    intendo la recensione
    valanghe di parole
    schiacciano
    millemila pagine che parlano di cose inutili?
    ma il masochismo narrativo è uno tra i tuoi generi preferiti?
    :)

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  4. Ma tu non puoi capire, non ci sono draghi e magie! ;)

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  5. L'intelligenza ti commuove... è facile quando non si è abituati...

    Bellissima recensione.

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  6. Effettivamente per questo romanzo un'alleanza centrista da terza gamba non mi pare possibile.....:-)

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  7. "il toccante combattimento tra il maestro Wu e i ninja, vi giuro, lacrimoni agli occhi, mai successa una cosa così leggendo)"

    Guarda che non è facendo l'emo che convinci i lettori...

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  8. @ Jacopo: vorrei ricordati un tuo certo comportamento durante la visione di Maison Ikkoku e una tua certa recensione in tal proposito... XD

    @ SunJester: direi proprio di no :-p

    @Cyb: ma poi è passato subito, eh! ;)

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  9. Questa tua ottima recensione mi ha davvero contagiato. Penso che oggi lo comprerò, questo libro, e lo leggerò nelle vacanze di Natale. Poi dirò se sto nella maggioranza, o all'opposizione :)

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